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Il Patriarca Ecumenico: Storia di un titolo

Il Patriarca Ecumenico: Storia di un titolo

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Conosciamo molto bene il titolo completo del Primate della prima Chiesa ortodossa autocefala secondo il dittico: “Arcivescovo di Costantinopoli – Nuova Roma e Patriarca Ecumenico”. Sembra che tutti capiscano che la parola “Ecumenico” qui non è che un fiorito titolo bizantino, un omaggio alla tradizione antica. Perché la dottrina ortodossa non ammette nessuna – oltre a quella di Cristo stesso – “giurisdizione universale”: come gli apostoli, nell’unanimità fraterna, ma indipendentemente e a se stanti, fecero la loro missione affidatagli da Dio, così anche le Chiese locali fondate da loro sono sorelle unite nello Spirito Santo come parti della Chiesa – Una, Santa, Cattolica e Apostolica. Però in un modo del tutto diverso percepiscono questo titolo gli uomini lontanti dalle finezze del diritto canonico e non familiari con la storia. Nella loro comprensione, basata sul significato principale della parola “universo”, questo titolo sembra un riconoscimento ufficiale del primo dei Patriarchi come leader dell’Ortodossia universale. E questo nonostante il fatto che il suo gregge in tutto il mondo conta ca. 6 milioni di fedeli (1) — attorno al 2% del numero totale dei cristiani ortodossi (2).

Che cosa significa il titolo “Ecumenico”, da dove proviene e quale è il suo vero valore? 

L’impero come universo

Prima di tutto, occorre capire la parola stessa “universo” — in greco οἰκουμένη. È il participio passivo dal verbo οἰκέω “vivere, abitare, popolare” con il sostantivo “terra” che di solito viene omesso, e letteralmente significa lo “spazio terreno abitato dall’uomo”. Così i greci antichi chiamavano il mondo conosciuto, a differenza dalle regioni lontane, disabitate oppure abitate dai barbari selvaggi. Solitamente, con il termine “universo” denotavano non tutto il mondo, ma solo quella parte di esso dove esisteva la civiltà. I sovrani dei grandi regni si chiamavano “re dell’universo” – come, per esempio, Ciro di Persia nella Bibbia (2 Esd. 2:2). E quando la civiltà greco-romana fu unita sotto il potere degli imperatori romani, l’Impero Romano venne chiamato “universo”. Proprio in questo senso usa la parola il santo evangelista Luca, quando scrive della natività di Cristo: «In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra” (πᾶσαν τὴν οἰκουμένην — Lc. 2:1). Il termine οἰκουμένην significava non tanto lo spazio abitato, quanto lo spazio culturale della civiltà antica. Le altre culture avevano i loro “universi”, e questa percezione durò per secoli. Ad esempio, quando nel 1262 il signore bulgaro Yakob Svyatoslav inviò una copia del Nomokanon al metropolita Kirill II di tutta la Rus’, scrisse: “Che l’universo russo sia illuminato dalla tua parola!” 

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Quando il santo imperatore Costantino l’Uguale agli apostoli convocò nel 325 a Nicea i vescovi da tutto il suo impero per discutere di problemi ecclesiastici, questa riunione ebbe il nome di “Concilio Ecumenico”. Così nacque l’istituzione del livello panimperiale, alla quale si riunivano i vescovi da tutto l’immenso stato romano chiamati dagli imperatori nei casi particolarmente importanti, — presieduta dai vescovi più autorevoli che col tempo sono stati chiamati “capi dei padri”— Patriarchi.

L’epiteto “universale” nel senso “panimperiale, statale” ebbe una diffusione particolarmente ampia nella legislazione di Giustiniano il Grande (527–565). Nelle sue leggi sempre s’incontrano le parole “universo, universale” come denominazione di tutto il territorio dell’Impero. Nella novella 109 dell’anno 541 l’imperatore dà una spiegazione esauriente delle istituzioni ecclesiastiche maggiori – Concili Ecumenici e Patriarcati: “I padri chiamavano e chiamiamo noi eretici coloro che appartengono a diverse eresie... generalmente tutti coloro che non sono membri della Santa Cattolica ed Apostolica Chiesa di Dio in cui tutti i santissimi Patriarchi di tutto l’universo – di Roma occidentale e di questa città regnante, di Alessandria, di Teupolis (Antiochia – P.K.), di Gerusalemme e tutti i reverendissimi vescovi sottomessigli – dichiarano unanimamente la fede apostolica e la tradizione” (3).

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Così, dal punto di vista della legislazione imperiale, la fede ortodossa viene concordemente professata dai cinque “Patriarchi dell’universo” e i vescovi loro sottomessi – e proprio per testimoniare questo accordo gli imperatori convocano i Concili Ecumenici. L’ordine di riverenza dei Patriarchi è definito dai canoni (2 Conc. Ec. 3; 4 Conc. Ec. 28; Trul. 36) e confermato nelle leggi dell’Impero Romano (Codex Iustiniani, I.1.7, I.2.16; Novella Iustiniani 131 e altre): Roma — Costantinopoli — Alessandria — Antiochia — Gerusalemme. È importante notare che quest’ordine delle cinque sedi patriarcali non esaurisce il numero delle Chiese ortodosse autocefale: oltre si trovano non solo le Chiese ortodosse che all’epoca erano al di fuori dell’Impero (Chiesa georgiana e quella di Aquileia), ma anche quelle all’interno dei suoi confini (Chiese di Cipro, di Cartagine, di Giustiniana Prima). La pentarchia, secondo Giustiniano, simboleggiava l’unità della Chiesa ortodossa, i cui garanti erano i Primati delle sedi episcopali più autorevoli dell’Impero. E la cosa più importante, tutti i cinque Patriarchi erano considerati “universali”. 

Dai cinque “Patriarchi dell’universo” — all’unico “Patriarca Ecumenico”

Nelle fonti superstite l’epiteto “ecumenico” applicato ad un vescovo appare per la prima volta negli atti del così detto conciliabolo d’Efeso del 449: il vescovo Olimpio di Evaso nel suo discorso chiamò Dioscoro d’Alessandria, guida di questo conciliabolo scandaloso, “il nostro santissimo padre e l’arcivescovo ecumenico della grande città di Alessandria”. Due anni più tardi, al Concilio di Calcedonia, i legati di Papa Leone Magno firmarono a nome “del nostro signore, beatissimo ed apostolico uomo, vescovo della Chiesa Universale e della Roma antica” (5).

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Solo nelle leggi di Giustiniano (dal 530) la formula “Patriarca Ecumenico” comincia ad applicarsi ufficialmente agli arcivescovi di Costantinopoli – Nuova Roma (6). Questa novità non fu subito notata al di fuori del Bisanzio, ma quando fu notata, immediatamente suscitò un adirato rimprovero da parte della Sede di Roma. Il santo Papa Gregorio I vide nella parola “Ecumenico” la pretesa di Costantinopoli al primato nella Chiesa, di cui scrisse con amarezza a Eulogio d’Alessandria (7). In risposta Eulogio e lo stesso Patrairca di Costantinopoli assicurarono il Papa che si trattava solamente di un fiorito titolo cerimoniale e che il vero leader dei cristiani di tutto il mondo certamente era lui, Primate della Sede apostolica...

La percezione di tutte le sedi patriarcali come universali si custodiva in Bisanzio lungo i secoli. Per esempio, al VII Concilio Ecumenico il rappresentante del Patriarca di Gerusalemme Giovanni chiamò i santissimi Patriarchi “pastori dell’universo” (8). San Teofane il Confessore († 818) nella prefazione alla sua famosa “Cronografia” scrive che indicherà gli anni “dei primati delle grandi ed ecumeniche sedi, cioè di Roma, di Costantinopoli, d’Alessandria, d’Antiochia e di Gerusalemme, sia quelli che pasceva la Chiesa in modo ortodosso che quelli che come ladroni guidavano in eresia” (9).

È caratteristico che nel IX secolo alla domanda diretta sul significato del titolo “Ecumenico” fatta a Costantinopoli dal legato papale Anastasio il Bibliotecario gli risposero che chiamavano il Patriarca “Ecumenico” (oecumenicus, universalis) non perché fosse il vescovo di tutto il mondo, ma perché aveva il potere su una delle parti del mondo abitato dai cristiani (10).

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In seguito i canonisti bizantini Teodoro Balsamon (XI sec.) e Matteo Blastaris (XIV sec.) sottolinearono che fra i cinque Patriarchi furono distribuite le “regioni dei quattro climi dell’universo”, senza contare le “piccole Chiese” non sottomesse a nessuno dei Patriarchi: Bulgara, Cipriota e Georgiana. A nessuno dei Patriarchi è permesso di mandare una rappresentanza in un paese che è sottomesso a un altro Patriarca, né prenderne un chierico, affinché non vengano violati i diritti delle Chiese” (11).

Ciononostante, nella legislazione imperiale e nei nomokanoni bizantini comparisce l’idea delle prerogative particolari ed uniche di Costantinopoli. Per esempio, nel Nomokanon dei XIV titoli nella versione del 880 leggiamo (titolo I, cap. 5): “Della dignità dei Patriarchi... e che il capo di tutte le chiese è Costantinopoli, leggi il libro I del Codice, titolo 1, rubrica 7; titolo 2, rubriche 6, 20 e 24; e anche il titolo 1 delle Novelle, rubrica 2, e il titolo 2, rubrica 3. E la rubrica 16 del titolo 2 del libro I del [Codice] dice che Costantinopoli abbia il primato sopra di tutti” (12). Segue questo testo anche l’ “Eisagoge” dell’imperatore Basilio I (886 г.), in cui si dice: “La Sede di Costantinopoli, decorata con il regno, è dichiarata dalle decisioni conciliari la prima; seguendole, le leggi divine prescrivono di trasmettere alla sua considerazione e decisione anche le controversie che abbiano luogo in altre sedi” (13). È caratteristico che nessun testo annoverato nel Nomokanon parla di Costantinopoli come “capo di tutte le chiese” e nessuna legge impone la giurisdizione universale della Sede di Costantinopoli. Ma nel caso si parla del territorio dell’Impero stesso, le affermazioni del Nomokanon e dell’ “Eisagoge” sono giuste. Il fatto è che entro il IX secolo il Bisanzio perse tutti i suoi domini in Oriente ed in Occidente e i suoi confini effettivamente coincisero con il territorio della giurisdizione canonica del Patriarcato di Costantinopoli. Siccome la sfera di applicazione dei codici legislativi è per definizione limitata dal territorio dell’Impero, le prerogative di Costantinopoli definite in quelli sono ridotte allo stesso territorio. A ciò perfettamente corrisponde il suo titolo “Ecumenico”, in cui sotto il termine “universo”, come di solito, viene percepito l’Impero Romano (Bizantino). 

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Dal “millet-pascià” al “leader dell’Ortodossia mondiale” 

Nel 1453 l’Impero bizantino cadde. Costantinopoli divenne la capitale di uno stato islamico – l'Impero ottomano. Tutti i Patriarcati ortodossi si unirono di nuovo in uno stato, ma ormai su principi giuridici diversi. Siccome la Sharia non veniva applicata ai cristiani né agli ebrei, essi furono segregati nelle corporazioni etno-religiose autonome – i millet, guidati dai leader spirituali. Uno di tali “millet-pascià” era il Patriarca di Costantinopoli trasferito dai turchi da Santa Sofia al quartiere Fanar. Secondo le leggi turche, egli aveva la giurisdizione su tutti i cristiani ortodossi che abitavano sotto il potere ottomano. Usando il loro nuovo status, i Patriarchi fanarioti cominciarono a intrommettersi negli affari di altre Chiese autocefale, però incappavano in una rigida posizione canonica dei Primati loro. In modo breve e preciso fu espressa da Melezio Pygas, Patriarca d’Alessandria, nella lettera del 1592 a Geremia II di Costantinopoli: “Nessuna sede patriarcale si sottomette a un’altra” (14).

La lettera fu scritta in occasione dei tentativi di Geremia di agire come leader dell’Ortodossia mondiale nel dialogo con i protestanti, i quali in quell’epoca attivamente cercarono alleati nella loro lotta accanita con il papato. “La Chiesa Ecumenica è la patria delle Chiese e presiede in competenza... Essa ricevette il primato nell’ortodossia ed è messa a capo”, rassicurò Geremia II i teologi di Tubinga nel 1576 (15).

Usufruendo la protezione delle autorità musulmane e prendendo gioco dei canoni ortodossi, i fanarioti cercarono di riempire il titolo di “Patriarca Ecumenico” con sostanza reale, mettendo Costantinopoli nella posizione del leader di tutto il mondo ortodosso. Nel novembre del 1872 l’ambasciatore russo presso la corte del sultano conte N. P. Ignatiev, commentando la situazione del Patriarcato di Gerusalemme, riportò al Ministero degli esteri: “L’aspirazione di sollevare la Sede di Costantinopoli sopra tutte le altre, assegnarle un primato simile a quello della Sede papale nel mondo occidentale e vedere la proprietà delle altre Chiese come sua propria si manifesta sempre di più nel partito dei greci fanarioti. Questo partito spera, diventato signore del mondo ortodosso, di prendere le ricchezze a favore dei laici-fanarioti, che guidano il Patriarcato Ecumenico” (16).

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È caratteristico che allo stesso tempo i Patriarchi di Costantinopoli condannarono in una maniera rigorosa e non equivoca i tentativi della Roma papale di giustificare il suo primato su altre Chiese. Nella lettera patriarcale e sinodale del 1895 è detto chiaramente: “Ogni Chiesa autocefala in Oriente e Occidente era completamente indipendente e autonoma nei tempi dei Concili Ecumenici. Come i vescovi delle Chiese autocefale d’Oriente, così anche i vescovi d’Africa, di Spagna, di Gallia, di Germania e di Britannia guidavano le loro Chiese tramite i loro Concili locali; il vescovo di Roma, il quale doveva sottomettersi alle decisioni conciliari lui stesso, non aveva nessun diritto di intervenire. E quando si sollevarono le questioni importanti, che chiedevano le deliberazioni di tutta la Chiesa, si convocavano i Concili Ecumenici, i quali unici sempre furono e rimangono il potere supremo nella Chiesa. Questa è la costruzione ecclesiastica antica” (17).

Il crollo dell’Impero ottomano generò nel mondo greco l’illusione della realizzazione veloce della “Grande idea” della restaurazione del Bisanzio con l’aiuto della vittoriosa Triplice Intesa. Su questo sfondo all’interno del Fanar nacque l’idea: trasformare il Patriarcato Ecumenico nel centro cristiano inter-ecclesiale mondiale. L’11 febbraio (il 29 gennaio secondo il calendario giuliano) 1920 il Sinodo di Costantinopoli presieduto dal locum tenens della sede patriarcale vacante dall’autunno del 1918 si rivolse alle “Chiese di Cristo ovunque esistenti” con la proposta di fondare, secondo il modello della Lega delle nazioni, una Lega delle Chiese pancristiana (in greco Κοινωνία, che significa non solo “unione, società”, ma anche “comunione ecclesiastica”, il che dava al termine una sfumatura particolare) “per preparare e organizzare più facilmente con l’aiuto di Dio l’unione benedetta” dei cristiani di tutte le confessioni (18). Il progetto ambizioso siscitò l’approvazione di molti vescovi ortodossi e un vivo interesse da parte dell’arcivescovo luterano svedese Nathan Söderblom, uno dei fondatori del movimento ecumenico. Iniziarono le trattative di preparazione del “Concilio Ecumenico” pancristiano nel 1925, anniversario del Concilio di Nicea.

Tuttavia la politica impedì la realizzazione dei sogni. La guerra greco-turca finì con l’espulsione dell’esercito dell’Intesa da Costantinopoli e la deportazione della popolazione greca dai territori della Turchia ristabilita da Kemal Atatürk. Alla Conferenza di Losanna del 1923 i kemalisti insistettero anche sull’escusione del Patriarcato “greco”. E allora, si dovette usare il titolo di “Ecumenico” agli scopi del tutto diversi: la delegazione greca con E. Venizelos a capo dichiarò che “il Patriarcato Ecumenico ha il primato fra tutte le Chiese ortodosse... Nelle questioni di fede, morale cristiana e diritto canonico la posizione e l’autorevolezza del Patriarcato Ecumenico hanno l’importanza decisiva” (19).

Sotto la pressione dei francesi e inglesi i turchi fecero concessioni, e al Patriarca con i fanarioti fu permesso rimanere ad Istanbul, sulle condizioni della rinuncia completa alla politica. Ma bisognava dimenticare il “Concilio Ecumenico”... 

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Nel secolo scorso la posizione del Patriarcato Ecumenico in Turchia non si è consolidata affatto. Al contrario, la popolazione greca del Fanar è diminuita drasticamente, e ora sul territorio canonico, che fu sottomesso a Costantinopoli dal Concilio di Calcedonia 1570 anni fa, praticamente non ci sono più i parrocchiani del Patriracto Ecumenico. La maggior parte del suo gregge si trova adesso in America e in Europa Occidentale. Tale situazione ha bisogno di un fondamento. Perciò negli studi dei canonisti costantinopolitani prima timidamente e poi sempre più francamente ha cominciato a svilupparsi l’idea che il Patriarca insignito col titolo di “Ecumenico” debba avere anche la giurisdizione “ecumenica”. Per argomentare questa tesi si cerca qualsiasi episodio del passato, gli antichi precedenti vengono tolti dal contesto, i canoni ecclesiastici da tanto tempo interpretati vengono reinterpretati male. Ma particolarmente attivo è l’uso del titolo antico.

Nel 2008, rivolgendosi all’Assemblea del Parlamento europeo, il Patriarca Bartolomeo disse: “In quanto istituzione puramente spirituale, il nostro Patriarcato Ecumenico abbraccia un ministero apostolico veramente mondiale, cercando di sollevare e ampliare la coscienza della famiglia umana, di portare la comprensione del fatto che abitiamo in una casa. Nel senso basilare, tale è il significato della parola “ecumenico” perché l’“ecumene” è il mondo abitato, la terra percepita come casa in cui abitano tutti i popoli, tribù e etnie”.

Per un’auditorio anglofano la parola ecumenical — “universale”, che fà parte del titolo patriarcale di Bartolomeo, ha una connotazione specifica legata al famoso movimento protestante per l’unità pancristiana. Se nel linguaggio ecclesiastico russo i termini “universale” e “ecumenico” sono piuttosto antipodi, in inglese e in greco nuovo sono la stessa parola. E nei testi, che escono dalla penna degli attuali apologeti della «nuova ecclesiologia», è sempre più difficile tracciare una linea tra questi significati. L’antico termine dei tempi di Giustiniano il Grande, il quale denotava il ruolo specifico dei cinque Patriarchi universali dell’Impero come colonne e garanti dell’Ortodossia, impercettibilmente si è trasformato nel “Ecumenical patriarch”, che combina le pretese per lo status di “leader del mondo ortodosso” (20) con le pretese per il ruolo del leader “sovra-confessionale” di tutto il cristianesimo. E non per caso la recente iniziativa del Patriarca Bartolomeo di un incontro dei leader ecclesiali nel 2025, in occasione di un nuovo giubileo del Primo Concilio Ecumenico, propone di elaborare a quell’incontro «a more determined ecumenical course» (21).


1. Nelle versioni russa e inglese della Wikipedia — ca. 5,3 mln, in quella greca — ca. 6,6 mln.

2. 300 mln, secondo la Wikipedia russa (col riferimento: Juergensmeyer M., Roof W. C. (ed.). Encyclopedia of Global Religion. Los Angeles: SAGE Publications, 2012. Vol. 1. P. 319); la versione greca riporta il numero da 200 a 260 mln, quella inglese — 220 mln.

3. Corpus Iuris Civilis. T. III: Novellae. Berlin, 1963 (8 ed.). P. 518.

4. Acta Conciliorum Oecumenicorum. T. II.3.1. Berlin; Leipzig, 1935. P. 187.

5. Acta Conciliorum Oecumenicorum. T. II.1.2. Berlin; Leipzig, 1933. P. 141; T. II.3.2. 1936. P. 415–416.

6. Cf.: Codex Iustiniani, I.2.24; I.1.7.

7. Epistula 9, cap. 12.

8. Acta Conciliorum Oecumenicorum. Series 2. T. III.1. Berlin; New York, 2008. P.188–189.

9. Theophanis Chronographia / Ed. C. De Boor. Leipzig, 1883. Vol. 1. P. 3.

10. Acta Conciliorum Oecumenicorum. Series 2. T. III.1. Berlin; New York, 2008. P.1–2.

11. Σύνταγμα τῶν θείων καὶ ἱερῶν κανόνων. Ἀθῆναι, 1992. Τ. 6. Σ. 257–258.

12. Juris Ecclesiastici Graecorum historia et monumenta / Ed. I. B. Pitra. Romae, 1868. T. II. P. 462–463.

13. Collectio librorum juris Greco-Romani ineditorum / Ed. C. E. Zachariae von Lingenthal. Lipsiae, 1852. P. 66–68.

14. Μεθόδιος (Φούγιας), μητρ. Ἐπιστολαί Μελετίου Πηγᾶ, Πάπα καὶ Πατριάρχου Ἀλεξανδρείας (1590–1601). Αθῆναι, 1976. Σ. 19, 21.

15. Ἐκκλησίας. Τ. 1. Ἀθῆναι, 1960. Σ. 476.

16. Каптерев Н. Ф. Сношения Иерусалимских патриархов с русским правительством. СПб., 1898. Ч. 2. С. 804 (Kapterev N. F. Le relazioni dei Patriarchi di Gerusalemme con il governo russo, San Pietroburgo, 1898, parte II, P. 804).

17.https://azbyka.ru/otechnik/bogoslovie/okruzhnoe-patriarshee-i-sinodalnoe-poslanie-konstantinopolskoj...

18. Καρμίρης Ι. Τὰ δογματικὰ καὶ συμβολικὰ μνημεῖα… Τ. Βʹ. Ἀθῆναι, 1953. Σ. 957–960.

19. Lausanne Conference on Near Eastern Affairs (1922–1923). Records of Proceedings and Draft Terms of Peace. London, 1923. P. 324, 335.

20. Именно так, «leader of the Orthodox world», назвал Варфоломея в своём Твиттере Госсекретарь США Майкл Помпео в ноябре 2020 г. — URL: https://www.ekathimerini.com/news/259272/pompeo-hails-patriarch-as-key-partner/

21. Church Times, 19 February 2021. URL: https://www.churchtimes.co.uk/articles/2021/19-february/news/world/after-1700-years-let-s-talk-again....


Autore
Pavel Kuzenkov
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