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Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca
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Il metropolita Irinej di Bačka: lo scisma in Ucraina si è trasformato in una divisione dell'intera Ortodossia
Uno degli argomenti sollevati durante l'intervista natalizia del metropolita Irinej di Bačka, presule della Chiesa Ortodossa Serba, alla rivista di notizie Pečat, è stata la tragedia dello scisma ecclesiastico in Ucraina e il sostegno che tale scisma aveva ricevuto dal Patriarca di Costantinopoli. Di seguito è riportata una traduzione in inglese del frammento in questione.
– La tragedia dello scisma ucraino non si sarebbe verificata se non ci fosse stato un intervento non canonico del Patriarcato di Costantinopoli nel territorio canonico della Chiesa Ortodossa Ucraina, una Chiesa autonoma all'interno del Patriarcato di Mosca. Che conseguenze ha l'attuale tragica divisione, secondo Lei come arcipastore che da decenni è impegnato in relazioni interecclesiastiche all'interno dell'Ortodossia? Cosa sta succedendo nella Chiesa orientale? C'è una speranza di risolvere le questioni controverse e ripristinare la pace, visto che, secondo San Paolo, Cristo stesso è la nostra Pace?
– Lei ha assolutamente ragione a riconoscere la tragedia dello scisma ecclesiastico ucraino e, aggiungerei, le sofferenze della Chiesa Ortodossa canonica e del popolo ucraino. Ah, se solo non fosse successo! Il tragico scisma in Ucraina, purtroppo, si è trasformato molto rapidamente nella divisione dell'intera Ortodossia, peraltro una doppia divisione
Da un lato, c'è una divisione tra quelle Chiese ortodosse locali che non vedono alcuna legittimità canonica negli scismatici ucraini guidati dal pseudo-metropolita signor Dumenko e quelle poche Chiese locali che ne riconoscono la legittimità, anche se per la maggior parte controvoglia e sotto pressione e solo per decisione dei loro Primati, non dei loro Concili episcopali.
D'altro canto, una divisione sta iniziando a manifestarsi all'interno di quest'ultimo gruppo. Da qualche parte più acuta, da qualche parte più mite, ma questa divisione ha colpito questa volta, differentemente rispetto al passato remoto e recente, persino il Sacro Monte Athos, la roccaforte secolare dell'Ortodossia.
I responsabili della divisione, che sfidando i Concili e i canoni hanno invaso, senza essere invitati, lo spazio canonico di un'altra Chiesa autocefala e "hanno diviso la veste di Cristo", come se non fossero a conoscenza delle parole di San Giovanni Crisostomo e di altri grandi confessori dell'Ortodossia - o, più probabilmente, consapevoli ma indifferenti – secondo le quali il peccato dello scisma non può essere lavato via ed espiato nemmeno dal sangue del martirio - il sangue che i responsabili dello scisma avrebbero versato per amore di Cristo. C'è sempre speranza che questo problema, il più grande nella storia della Chiesa sin dal Grande Scisma dell'XI secolo tra le Chiese d'Oriente e d'Occidente, venga risolto e che la pace e l'unità vengano ripristinate tra le Chiese ortodosse locali, perché Cristo stesso è il Principe della Pace e la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo,
cioè l'inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,
per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia. (Ef 2:14-16).
A questo proposito, permettetemi di ribadire la mia posizione che ho espresso durante una delle nostre prime interviste di Natale per Pečat.
Credo che se Sua Santità il Patriarca ecumenico avesse fatto una dichiarazione a nome della Grande Chiesa di Cristo a Costantinopoli, ribadendo che i leader dello scisma ucraino e gli alti rappresentanti delle autorità ucraine lo avevano tratto in inganno, o meglio lo avevano sfacciatamente ingannato affermando che tutti o quasi tutti in Ucraina, dal metropolita canonico Onufrij e ai signori Denisenko (autoproclamato “Patriarca Filaret di Kiev”), Dumenko (autoproclamato “Metropolita Epifanij”) e Maletich (autoproclamato “Metropolita Makarij”) non vedevano l’ora di partecipare al “concilio di unificazione” a Kiev e all’istituzione della “Chiesa ortodossa dell’Ucraina” (OCU) – questo “centauro” ecclesiomorfo o “tragelaph” (creatura mifica, metà capra, metà cervo) – e se poi avesse abolito questa struttura cementata con la forza, assicurando così il ripristino dello status quo ante ecclesiastico e la risoluzione del problema attraverso il dialogo degli scismatici ucraini ancora impenitenti e dei loro “patroni” con la Chiesa ortodossa russa, cioè con la Chiesa canonica in Ucraina, nonché il dialogo a livello pan-ortodosso, che non solo impedirebbe un nuovo scisma, peggiore di quello che già esiste tra la Chiesa cattolica romana e quella ortodossa, ma aiuterebbe anche il Patriarcato di Costantinopoli a riconquistare la sua reputazione e fiducia e farebbe passare il Patriarca Bartolomeo alla storia come un grande e saggio Patriarca.
L'ulteriore persistenza nel mantenere l'attuale disordine canonico avrà, ne sono certo, conseguenze catastrofiche imprevedibili: uno scisma duraturo e forse persino un nuovo millennio di scisma, questa volta non tra l'Oriente cristiano e l'Occidente cristiano, ma all'interno dell'Oriente ortodosso. Questo scisma sarebbe irrimediabilmente dannoso per la missione e la testimonianza dell'Ortodossia nel mondo e darebbe origine a una grande eresia ecclesiastica. Dio ci salvi da questo! Per evitare un simile scenario, dovremmo pregare molto e con zelo, senza risparmiare alcuno sforzo.
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